Better Eyesight - Settembre 1929 - N. 3





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Traduzione realizzata in esclusiva per www.metodobates.altervista.org

I DUE PUNTI

I due punti, oltre ad essere un valido segno di interpunzione, forniscono un inconsueto e migliore ausilio alla memoria, all'immaginazione e alla vista. Lettere lontane, di dimensioni medie o piccole, migliorano in fretta grazie all'uso appropriato dei due punti. Quando gli occhi sono chiusi o aperti, il punto superiore dovrebbe essere immaginato meglio, mentre quello inferiore appare più o meno sfocato e non è visto altrettanto bene. E' opportuno, per qualche momento, spostare lo sguardo e immaginare il punto sottostante al meglio, mentre quello superiore non è immaginato bene quanto l'altro. Il fatto che, in assenza di un altro punto o di un altro oggetto visto peggio, un punto non possa essere immaginato meglio è una semplice questione di buon senso. In genere, i due punti più piccoli che si possano immaginare, vengono immaginati più facilmente di quelli più grandi.

Quando non c'è possibilità di eseguire il palming, il dondolio, né altre tecniche nella maniera sufficientemente idonea all'ottenimento del miglioramento visivo, di solito si può ricorrere, con giovamento, al ricordo o all'immaginazione di un piccolo segno dei due punti, con una parte di esso vista al meglio. E' necessario uno spostamento costante dell'attenzione per ricordare o immaginare perfettamente i due punti. Quando il ricordo o l'immaginazione sono perfetti e realizzati senza sforzo né tensione, la vista migliora inevitabilmente e così pure la memoria e l'immaginazione. E' interessante osservare che, più piccoli sono i due punti, migliore e più nero sarà il ricordo, l'immaginazione e la percezione di uno dei punti stessi, con conseguente giovamento per la vista in generale. Si è portati a ritenere che il ricordo di due punti molto piccoli dovrebbe essere più complicato rispetto a quello di due più grandi, ma, strano a dirsi, si può dimostrare che, nella maggior parte dei casi, due punti piccolissimi sono ricordati meglio. Se non si percepisce il movimento dei due punti, la vista è sempre imperfetta. In altre parole, c'è bisogno di fissare, sforzare ed essere in tensione per interrompere il movimento apparente dei due punti.

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LA RETINITE PIGMENTOSA

del dott. W.H. Bates

Ci sono molti casi di vista imperfetta che sono congeniti, cioè riguardano persone nate con determinate malattie dell'occhio. In genere, la retinite pigmentosa è congenita. Nella maggior parte dei casi, questa patologia è facilmente diagnosticabile con l'aiuto dell'oftalmoscopio. In tutti i casi, la retina è ricoperta, più o meno completamente, da aree scure. Queste zone nere presentano un diametro pari a circa un trentesimo di pollice (mm 0,8) e hanno dimensioni e forma molto irregolari. Nei casi acuti, la retina può essere così fittamente ricoperta da queste macchiette nere, da non essere più visibile.

La maggior parte dei casi si caratterizza per una vicenda di debolezza visiva che risale alla nascita. All'inizio, sono visibili solo pochi puntini neri, ma, dopo che il bambino ha raggiunto i dodici anni di età o anche di più, il loro numero si accresce progressivamente. Nello stesso momento in cui le piccole parti nere aumentano, si verificano mutamenti preoccupanti nella parte posteriore dell'occhio. Il nervo ottico comincia ad atrofizzarsi, senza che questo processo degeneri, però, in maniera da provocare una cecità assoluta. Insorge un'infiammazione della membrana intermedia del bulbo oculare che rilascia corpuscoli fluttuanti nel vitro (una delle sostanze fluide presenti all'interno dell'occhio).

Prima del trentesimo anno d'età, tutti i casi di retinite pigmentosa sviluppano la cataratta. Ci sono comunque eccezioni a questa regola. Alcuni pazienti contraggono la retinite pigmentosa quando raggiungono i cinquant'anni di età o anche più tardi. Una delle caratteristiche di questa patologia sono i continui mutamenti nella visione, che oscilla da stati di miglioramento a condizioni peggiorate. Un sintomo molto comune, in genere presente, è la cecità notturna. Il trattamento diretto a curare quest’ultima è giovevole anche per la retinite pigmentosa. In alcuni casi, si è riscontrata anche la compresenza di miopia che è di tipo refrattario alla cura.

Il convincimento prevalente è che la retinite pigmentosa sia incurabile e che, da quando si manifesta allo stadio iniziale, la situazione vada sempre peggiorando e accentuandosi verso la cecità che, in genere, non diventa definitiva. Ebbi in osservazione un caso di retinite pigmentosa con miopia. La paziente si trasferì in altra città e, per più di sei mesi, non si fece vedere. In seguito, fece ritorno al mio studio per riferirmi degli sviluppi. Le sue prime parole furono che gli occhi stavano meglio.

Proprio in quel momento era giunto da me anche un medico, a cui chiesi: "Ti piacerebbe vedere un caso di retinite pigmentosa". Acconsentì.

Prima che il dottore adoperasse l'oftalmoscopio, esaminai personalmente la paziente. Controllai dapprima l'occhio destro e mi accorsi che la parte nasale della retina non presentava tracce della malattia. Su quel lato, infatti, non c'erano, in nessun punto, macchie di pigmento nero. Piuttosto turbato, esaminai con più attenzione la retina dal lato della tempia e fui di nuovo sconcertato perché non c'erano zone nere nemmeno lì. Dopo un esame, lungo e tedioso, alla ricerca dei puntini neri, dovetti fare ammissione con il mio amico che la paziente, senza praticare i metodi di rilassamento, aveva raggiunto inconsapevolmente la guarigione dalla retinite pigmentosa. Il dottore non riuscì a trattenere uno sguardo di incredulità. Sono quasi completamente certo che pensasse che lo stessi ingannando. Anche l'atrofia del nervo ottico si era risolta e, di conseguenza, all’interno di esso, si era ripristinata la circolazione. La paziente riuscì a leggere 20/20 senza alcun problema. Nella maggior parte dei casi di retinite pigmentosa è molto interessante osservare l'entità del danno che può prodursi alla retina mentre la vista riesce comunque a conservarsi buona.

Molti medici sono convinti che non ci sia cura per la cecità notturna. Nella mia esperienza pratica, la maggior parte di questi casi solitamente si sono ristabiliti, recuperando non solo una vista normale, ma riuscendo perfino a vedere in modo superiore alla media. Tutti i pazienti affetti da retinite pigmentosa allo stadio cronico presentano anomalie del nervo ottico che sono molto peculiari. Innanzitutto i vasi sanguigni sono più piccoli di quelli di un occhio normale e le vene hanno le stesse dimensioni, se non inferiori, a quelle delle arterie che irrorano il centro del nervo ottico. Nella maggior parte dei casi si produce un'infiammazione della membrana intermedia dell'occhio e, in genere, si riscontra la presenza di molti corpuscoli neri nell'umor vitreo. Nel cristallino si producono delle deformazioni molto marcate. La parte posteriore di esso perde trasparenza e questa opacità si sposta verso il centro della lente, compromettendone del tutto la trasparenza, in modo tale che la vista risulta indebolita dall'offuscamento del cristallino non meno che dagli altri gravi mutamenti che si verificano dietro di esso.

Una paziente sessantenne giunse da me per il trattamento. Mi disse che i medici le avevano diagnosticato una retinite pigmentosa che non poteva essere curata. Negli ultimi mesi, il dottore aveva anche riscontrato l'insorgere di una cataratta. La vista dell'occhio destro, che presentava la cataratta, era praticamente ridotta a zero. La vista del sinistro era un terzo della norma, né migliorava con gli occhiali. Aveva una retinite pigmentosa così accentuata che la retina dell'occhio sinistro appariva quasi completamente ricoperta dalle macchie di pigmento. In alcune parti, per un'estensione più che raddoppiata rispetto al diametro del nervo ottico, la retina non era addirittura visibile.

Questa signora era molto impaziente che facessi quanto possibile per la sua vista. Mi disse che il marito era un uomo d'affari e aveva opportunità di viaggiare negli Stati Uniti, in Canada ed in Europa. Sovente la portava con sé e, ogni volta che arrivavano in una grossa città, dove illustri oftalmologi avevano i propri studi, lei li consultava per i suoi occhi.

Trovai che la parte posteriore del cristallino era coperta da una debole opacità, sufficiente però a indebolirle la vista. Le venne data una tabella di Snellen con cui allenare l'occhio buono. In ventiquattro ore, la vista dell'occhio destro migliorò dall'assenza di percezione della luce alla capacità di leggere alcune delle lettere più grandi della tabella di Snellen, a distanza di cinque piedi (mt 1,5). Nell'occhio sinistro, il miglioramento della vista fu evidente. Un miglioramento così netto nella vista di quest'occhio, e in un tempo talmente breve, fu un evento certamente fuori dal comune.

Le tecniche che migliorarono la vista della paziente furono il palming, il dondolio e la lettura di stampa molto piccola. Questo caso fornì la dimostrazione che la retinite pigmentosa è causata da una tensione o da uno sforzo di vedere. Il fatto che, in questa paziente, la retinite pigmentosa venisse così prontamente alleviata, beneficata o curata dette prova che la malattia stessa fosse stata determinata dallo sforzo.

I resoconti clinici di altri casi confermano il fatto che la retinite pigmentosa è prodotta da una tensione o da uno sforzo per vedere. Gli sforzi posti in essere dal paziente possono essere dimostrati in tutti i casi. Quando il paziente si sforza per migliorare la vista, si può dimostrare che la causa dei problemi oculari è sempre dovuta a questo sforzo e che la cura della patologia si ottiene sempre con i metodi di rilassamento.

Ho scoperto che, fra i metodi di rilassamento che assicurano i migliori risultati, ci sono il ricordo o l'immaginazione della vista perfetta. Se la memoria o l'immaginazione sono imperfette, la malattia non è completamente guarita. Quando una lettera della tabella di Snellen è vista perfettamente, è possibile ricordarla o immaginarla in modo perfetto. Nella cura dei problemi dell'occhio, non c'è alcun procedimento che produca risultati migliori del ricordo di una parte di una lettera, come il paziente stesso può dimostrare. E' interessante osservare che, in questi casi, la memoria e l'immaginazione riescono a determinare l'assorbimento o la scomparsa delle condizioni organiche. Ciò consente a questo trattamento di ottenere risultati facilmente e velocemente, quando gli altri trattamenti si sono dimostrati inutili.

Ad esempio, una ragazza di quindici anni soffriva di retinite pigmentosa dalla nascita. La malattia stava degenerando con rapidità e non sembrava ricavare alcun sollievo da nessun tipo di trattamento, la paziente era anche affetta da miopia progressiva. Le tecniche di rilassamento, l'uso corretto della memoria e dell'immaginazione fecero migliorare la miopia e, con grande piacere della paziente, migliorò, allo stesso tempo, anche la retinite pigmentosa, fino al punto in cui tutte le tracce della malattia sparirono ed ella guarì definitivamente.

Una delle peculiarità di questa patologia sembra essere la mutevolezza. Spesso, per un breve periodo, migliora e poi, all'improvviso, probabilmente durante la notte, ritorna con le caratteristiche consuete di macchie di pigmento nero, atrofia del nervo ottico, riduzione della circolazione e cataratta incipiente.

La retinite pigmentosa è stata riscontrata in casi di glaucoma, casi cronici che evolvono, con maggiore o minore rapidità, fino alla cecità totale. In altri casi, risultavano compromesse diverse parti della coroide, con perdita della capacità visiva di quelle stesse aree. Nei bambini di dieci anni affetti da questa malattia, la vista è stata notevolmente migliorata facendoli oscillare, parecchie volte al giorno, lungo una traiettoria circolare e ripetendo questo accorgimento per diverse settimane. Ciò favorisce il rilassamento. E' sbagliato utilizzare culle, sedie a dondolo e altri strumenti per indurre il dondolio. Il dondolio lungo (illustrato più volte in questa rivista) è un metodo molto efficace per conseguire il rilassamento. Molte persone obiettano che i bambini non hanno capacità sufficienti ad eseguire proficuamente il dondolio. Al contrario, bambini di dieci anni o anche meno riescono ad eseguire il dondolio lungo altrettanto efficacemente di molti adulti. E' una tecnica che il paziente trova molto gradevole. Andrebbero incoraggiati anche giochi di vario tipo. E' opportuno tutelare i bambini dagli adulti e da chiunque altro li innervosisca. Il nervosismo provoca sempre sforzo. Durante la prima infanzia, l'asilo è un buon posto per i bambini, poiché vi si insegnano i migliori metodi di rilassamento.

Prima di concludere, bisogna accennare ad una ragazza di quattordici anni che, attraverso giochi e attività sportive di suo gradimento, guarì dalla retinite pigmentosa. D'estate le piaceva nuotare e tuffarsi da altezze notevoli, d'inverno praticava il pattinaggio, dedicando lunghi periodi di tempo a questo sport. In aggiunta ai metodi di rilassamento descritti, è fondamentale la questione di insegnare ai bambini affetti dalle cosiddette malattie incurabili come riuscire a divertirsi per lunghi periodi di tempo, sia in inverno che in estate. Mentre giocano oppure praticano sport che riducono la fissità e lo sforzo che provocano la vista imperfetta, i loro occhi e, al tempo stesso, i loro corpi sono in continuo movimento. Ciò è molto più efficace e più utile dei farmaci.

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ELIMINARE GLI OCCHIALI NON E' DANNOSO

di Emily A. Bates

Per il paziente, la cosa più difficile da fare è liberarsi immediatamente dagli occhiali. Quando un paziente giunge da noi dietro suggerimento del suo medico o del suo oculista, non incontriamo difficoltà su questo punto. Perfino se ha portato gli occhiali per molti anni. Ma, quando un paziente giunge in cura dietro suggerimento di un amico o di qualcuno che ha tratto beneficio dal metodo Bates, nella sua mente, a volte, ristagna il dubbio se per lui sia sbagliato o pericoloso, dopo aver portato per tanto tempo gli occhiali, smettere all'improvviso di indossarli.

Diciannove anni fa, giunsi dal dott. Bates in qualità di paziente. Mal di testa, nausea e dolore persistente nella parte posteriore del collo mi rendevano irritabile e nervosa e, a volte, non risultavo una persona molto gradevole da trattare. Una vicina di casa della mia mammina mi parlò per la prima volta del dott. Bates e di come avesse curato la vista imperfetta e altri disturbi dei suoi cinque bambini.

A volte, indossando gli occhiali, mi sentivo abbastanza a mio agio e, poiché mi aiutavano a vedere meglio, ricorrevo ad essi quasi in permanenza. Come ho spiegato in un articolo precedente, li avevo portati da quando avevo poco più di tredici anni e, da allora, avevo dovuto cambiarli tre volte. Quando indossai per la prima volta il paio più recente, esso non mi fu di nessun aiuto. L'oculista mi disse che, prima di riuscire ad abituarmi, avrei dovuto portarlo per qualche settimana. Era molto più forte di quello precedente e, per questo motivo, mi disse che, col tempo, gli occhi si sarebbero adattati agli occhiali.

Dovette verificarsi questa previsione, perché, dopo un po’, riuscii a portarli agevolmente ogni giorno per qualche ora, ma, quasi sempre, a conclusione della giornata, nausea e disagio erano divenuti episodi ricorrenti. La prima volta che mi recai dal dott. Bates, ignoravo che la causa del mio dolore e del mio malessere fossero gli occhiali che portavo. Infatti, nel mio caso, non ritenni assolutamente valida la diagnosi che egli aveva fatto. Misi via i miei occhiali, come mi aveva suggerito, ma già il giorno successivo ero pronta a lamentarmi del mal di testa e degli altri miei dolori abituali. Ad ogni modo, non si verificò nulla di tutto ciò, invece, per eseguire ciò che il dottore mi aveva detto di fare, trascurai alcuni dei miei impegni casalinghi quotidiani.

Mi accorsi ben presto che battere spesso le palpebre mi faceva stare meglio - le cose in casa mi sembravano più nitide quando battevo le palpebre. Tutto ciò mi piaceva e continuai così per l’intero giorno. Durante il mio trattamento, il dott. Bates osservò che non respiravo con regolarità e mi consigliò di farlo. Per abitudine, presi a battere le palpebre ogni volta che inspiravo o espiravo, così l'una cosa mi ricordava di eseguire l'altra. Guardandomi in uno specchio, mi accorsi che, nel battere le palpebre, i miei occhi si movevano delicatamente, dandomi un senso di rilassamento che, quando indossavo i miei occhiali, non avvertivo affatto. Nel suo libro e in altri articoli scritti da lui, il dott. Bates ha spiegato che, quando lo sforzo viene alleviato a livello oculare, si riduce anche nelle altre parti del corpo. Mi consigliò dunque di chiudere gli occhi per riposarli, cosa che migliorava sempre la mia vista per la tabella di controllo.

Il secondo giorno mi svegliai con un terribile mal di testa ed ebbi l’impulso di mettermi nuovamente gli occhiali. Ero quasi convinta che il dott. Bates fosse in errore sull'intera questione. Gli telefonai e ne discussi con lui. Fui molto stupita sentendo che, secondo la sua opinione, avevo dovuto sforzare gli occhi nel sonno, cosa che mi sembrò davvero assurda. Egli aveva invece perfettamente ragione: spiegherò infatti in che modo mi resi conto di questa cosa e come, facendo esattamente quello che egli mi aveva consigliato, mi liberai dallo sforzo.

Sistemai la mia sveglia su una sedia accanto al letto e regolai l'allarme affinché suonasse due ore dopo essere andata a dormire. Poiché ho il sonno leggero, detti una carica sufficiente ad attivare l'allarme solo per un paio di secondi. Così facendo, non svegliai nessun altro in casa. Se durante queste due ore di sonno avessi sognato, avevo un notes e una matita vicini per scrivere ciò che fossi riuscita a ricordare del sogno stesso. Alcuni dei nostri lettori di "Better Eyesight" diranno che si trattò di una perdita di tempo e di sonno e potranno anche ridire di questo procedimento notturno. In seguito, però, fui contenta di averlo fatto, perché cessarono completamente gli incubi che, in molte occasioni, mi avevano costretta a scusarmi per aver svegliato i miei familiari, strillando o facendo altra confusione che, a volte, era motivo di preoccupazione per quelli che mi stavano vicino.

In aggiunta alle cose che il dott. Bates mi aveva consigliato di fare durante la notte, praticavo il dondolio lungo, tutte le sere e tutte le mattine, per cinque minuti o più.

I bambini sono più inclini degli adulti a disfarsi degli occhiali e, per questo, ci sono più bambini che adulti curati senza occhiali e in tempi più brevi. Alcuni pazienti che giungono da noi per il trattamento hanno portato occhiali molto deboli, eppure dicono di non poterne fare assolutamente a meno. Ridurre l'uso degli occhiali progressivamente ogni giorno è un buon modo per cominciare. Se gli occhiali sono stati portati a lungo, per il paziente è molto più semplice farne a meno gradualmente, se non è sotto trattamento per eliminarli.

Un uomo di 57 anni con astigmatismo in entrambi gli occhi, dopo il suo primo trattamento, era spaventato all'idea di privarsi degli occhiali. Li aveva portati per trentasei anni, cambiandoli molte volte. All'età di 21 anni, era stato visitato per la prima volta da un oculista che gli aveva detto che, se non avesse portato gli occhiali in permanenza, il suo astigmatismo ipermetropico composto sarebbe peggiorato. Egli obbedì e, dopo un anno, dovette cambiarli. Nei primi due anni, quando li indossava, non rilevò particolari fastidi ma, in seguito, se non li toglieva di tanto in tanto, chiudendo gli occhi per riposarli, si sentiva stanco al punto che si sarebbe addormentato perfino al lavoro.

Fu esaminato da un buon specialista, consigliato dal suo medico di famiglia, che supponeva fosse stato colpito da un attacco di un malessere che inducesse sonnolenza. Effettuò delle analisi chimiche dalle quali risultò che tutti i suoi organi erano perfettamente sani e il dottore ipotizzò che forse stesse portando degli occhiali sbagliati. In seguito costui si interessò al metodo Bates e giunse da noi per sottoporsi al trattamento. Gli chiesi di leggere la tabella di controllo indossando gli occhiali e lesse fino alla riga dei 10/40. Senza occhiali, alla distanza di dieci piedi (mt 3), non riusciva a leggerci chiaramente nulla, perciò avvicinai la tabella a sette piedi (mt 2,1). A questa distanza riuscì a leggere solo fino alla riga di lettere contrassegnata dal 50.

Il palming gli piacque moltissimo e, per un bel po’ di tempo, mantenne gli occhi chiusi, mentre io parlavo con il suo medico di famiglia, che lo aveva accompagnato per vedere cosa si potesse fare per lui. Mentre eseguiva il palming, dissi al paziente che, in genere, una buona memoria è d'aiuto, ma che non ricordasse però nulla di spiacevole. Gli piacevano gli sport all'aria aperta ed era un buon giocatore di golf, così gli dissi di immaginare di stare lanciando la pallina sul campo e di immaginarne la traiettoria fino alla buca. Dopo che ebbe riposato gli occhi in questo modo, fu divertente ascoltarlo mentre ci raccontava di aver disputato, nel tempo in cui era rimasto ad occhi chiusi, una buona partita di golf. Evidentemente questo fu d'aiuto, perché la sua vista migliorò fino ai 7/15, sebbene non tutte le lettere della riga 15 gli apparissero completamente chiare. Quando si sforzava di vedere alcune delle lettere, queste si sfocavano, si distorcevano ed egli sbagliava a nominarle. Dopo essersi dedicato ancora, ma più brevemente, al palming, lesse chiaramente tutte le lettere della riga 15 e senza più alcuna esitazione.

Gli diedi da leggere la carta dei "Fondamenti" e gli dissi di mantenerla alla distanza di lettura abituale. Dopo aver chiuso gli occhi per qualche secondo, disse che la stampa era sfocata e che non riusciva a vedere nulla ad eccezione della scritta "Fondamenti" in cima alla tabella. Gli dissi di reggere la tabella dei "Fondamenti" con la mano sinistra e di mantenere con la destra la piccola tabella con i caratteri diamond . Gli feci guardare prima gli spazi bianchi della piccola tabella nella mano destra e poi, voltata la testa, la tabella dei "Fondamenti", senza cercare di leggerne le lettere. Mentre eseguiva queste istruzioni, gli dissi di allontanare un poco la tabella dei "Fondamenti", ad una distanza di circa dodici pollici (cm 30) dagli occhi. Immaginando gli spazi bianchi fra le righe di stampa e alternando la chiusura degli occhi, per riposarli, con occhiate alla parte iniziale di ogni frase, egli lesse la tabella dall’inizio fino alla frase numero 6.

Gli dissi di guardare direttamente la stampa e di constatare ciò che accadeva. Immediatamente chiuse gli occhi e disse che le frasi si erano sfocate e che si era sentito a disagio. Quasi per un'ora intera, continuò a spostare lo sguardo, sulla tabella dei "Fondamenti", dagli spazi bianchi fra le righe della stampa minuta agli spazi bianchi fra le righe della stampa più grande e, quello stesso giorno, prima di lasciare il nostro studio, lesse tutte le frasi dei "Fondamenti" alla distanza di sei pollici (cm 15) e di dodici pollici (cm 30). Qualche giorno più tardi, telefonò dicendo che, sebbene avesse eliminato gli occhiali, non avvertiva alcun disagio. C'erano alcune occasioni, comunque, in cui aveva un forte impulso a rimetterli. Fu aiutato dalla consulenza per corrispondenza e, in un anno, la sua vista diventò normale.

Dopo aver indossato occhiali per tanti anni, provare così poco timore di dismetterli fu una dimostrazione sufficiente della fattibilità della cosa. C’è bisogno di forza di volontà e anche di fiducia nell'istruttore o nel dottore che sta insegnando al paziente come fare per vedere senza occhiali.

E' sbagliato che i pazienti discutano del trattamento mentre sono in cura, in quanto gli amici esercitano un certo condizionamento sull'argomento, sia nel bene che nel male. Mentre alcuni pazienti guariscono in fretta, ce ne sono altri che non sono ugualmente diligenti e continuano a praticare, a volte per un anno o più, senza raggiungere la guarigione. Questo si verifica in quanto, a casa, il metodo non viene applicato con regolarità oppure non si eseguono esattamente le istruzioni impartite dal dottore. Alcuni pazienti hanno bisogno maggiormente di altri di una guida e, per questo motivo, è meglio non discutere del trattamento con coloro i quali non lo comprendono o sono scettici. Ho prestato la mia assistenza al dott. Bates sufficientemente a lungo per sapere che gli occhiali possono essere eliminati definitivamente, non importa quanto a lungo siano stati indossati.

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DOMANDE E RISPOSTE

DOMANDA.— La cataratta da diabete è curabile?
RISPOSTA.—Quando il diabete può essere genericamente alleviato per mezzo del trattamento, anche la cataratta da diabete è curabile.

DOMANDA.— Parecchi anni fa, a seguito di una grave malattia, le mie pupille si sono molto dilatate. Può suggerirmi qualcosa che possa aiutare a contrarle?
RISPOSTA.—In genere, le pupille dilatate non sono sintomi di malattia dell'occhio. Il trattamento con il sole reca beneficio. Si accomodi al sole, con gli occhi chiusi, lasciando che i raggi colpiscano direttamente le palpebre e, per evitare il disagio dovuto al calore, muova leggermente la testa da un lato all'altro. Questa esposizione dovrebbe essere eseguita per mezz'ora, un'ora o più a lungo.

DOMANDA.— In momenti di confusione improvvisa o quando mi trovo con più compiti da svolgere nello stesso tempo, cosa rende sfocata la mia vista?
RISPOSTA.—Il fatto che, in quei frangenti, la sua vista diventi sfocata costituisce la dimostrazione pratica della sua fissazione eccentrica. Non cerchi di vedere, o di fare più cose contemporaneamente. Pratichi tutto il giorno la fissazione centrale, vedendo meglio la parte guardata, ma non così chiaramente le altre parti.

DOMANDA.— Mia figlia, di dieci anni, sta applicando il suo metodo per la cura dello strabismo. Sarebbe utile schermare l'occhio buono, cosa che le risulterebbe facile e che, per un po’, raddrizzerebbe l'occhio sinistro oltre a farlo lavorare? Quando indossava gli occhiali, questo espediente è stato talmente utile che pensavo potesse aiutarla ugualmente adesso che non li sta portando più.
RISPOSTA.— E' innanzitutto necessario migliorare la vista di entrambi gli occhi, utilizzandoli insieme. Quindi copra l'occhio buono e si alleni a migliorare la vista dell'occhio debole.

DOMANDA.— Quando lei consiglia nuovi metodi, sottintende che si tralascino i precedenti?
RISPOSTA.— Non necessariamente. Tutte le tecniche che propongo mirano al rilassamento. Sta al paziente individuare il trattamento che gli assicura maggior beneficio e perseverare nella sua esecuzione corretta. Alcuni pazienti si stancano con facilità nel ripetere sempre la stessa cosa. Per questo motivo, si suggeriscono metodi nuovi, allo scopo di diversificare la pratica.

DOMANDA.— Mi è stato detto che sto perdendo la mia "visione centrale". E' possibile recuperarne la parte già danneggiata o prevenire la perdita di quella residua?
RISPOSTA.— Si, è possibile grazie alla pratica diligente dei miei metodi.

DOMANDA.— Perché davanti agli occhi mi appaiono scintille e macchie viola?
RISPOSTA.— Questo fenomeno è provocato da uno sforzo mentale. Impari a rilassarsi e migliori la sua memoria e la sua immaginazione. Il palming dovrebbe aiutarla moltissimo.

DOMANDA.— Mi è difficile pensare in termini di bianco e nero. C'è qualche altro metodo altrettanto benefico?
RISPOSTA.— Si. Lasciare vagare la sua mente da un ricordo piacevole all'altro consentirà di pervenire ai medesimi risultati.

DOMANDA.— Durante i periodi di degenza, quando non si riesce ad allenarsi con la tabella di Snellen né a stare in piedi, quale tecnica va applicata?
RISPOSTA.— Batta spesso le palpebre e sposti sempre lo sguardo da un punto all'altro. Ruoti leggermente il capo sul cuscino da un lato all'altro o chiuda gli occhi e pensi a qualcosa di piacevole, qualcosa che riesce a ricordare perfettamente, e lasci vagare la mente da un pensiero gradevole all'altro.

DOMANDA.— Cosa vuol dire "Vedere tutto il giorno le cose in movimento?"
RISPOSTA.— La sua testa e i suoi occhi si muovono tutto il giorno. Presti attenzione al fatto che gli oggetti fermi sembrano spostarsi nel verso opposto a quello della testa e degli occhi. Quando cammina in una stanza o per strada, osservi che il pavimento o il selciato sembrano venirle incontro, mentre gli oggetti che si trovano ai lati sembrano spostarsi nella direzione inversa rispetto al movimento del suo corpo.

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Il dottor W.H.Bates
La prevenzione nelle scuole