Better Eyesight - Agosto 1929 - N. 2




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Traduzione realizzata in esclusiva per www.metodobates.altervista.org


RAFFRONTI

Allenandosi con la tabella di Snellen, quando la vista è imperfetta, il nero delle lettere appare meno intenso e così accade anche per il bianco degli spazi interni ad esse. Paragonando il nero delle lettere più grandi con quello delle lettere piccole, si può dimostrare che le prime sono viste in maniera imperfetta.

Quando, al centro di una lettera grande, si osserva che la parte bianca è vista indistintamente, in genere è possibile confrontarne il biancore con il bianco di qualcos'altro che venga ricordato. Proseguendo il raffronto tra il bianco al centro della lettera e il ricordo di un bianco migliore, come quello della neve in cima ad una montagna, di solito la percezione del primo migliora. Allo stesso modo, paragonare la tonalità di nero di una lettera con il ricordo della sfumatura di nero più scuro di un altro oggetto, può far migliorare il nero visto.

La maggior parte delle persone miopi riesce a leggere la stampa minuta al punto prossimo in modo pressoché perfetto. Costoro vedono il bianco e il nero delle lettere molto meglio di quanto vi riescano con le lettere più grandi sulla tabella di Snellen, posta alla distanza di 15 o 20 piedi (mt 4,5-6). Il più delle volte, alternare la lettura della stampa minuta con l'osservazione della tabella di Snellen e paragonare il nero e il bianco delle lettere piccole con quello delle grandi, risulta di notevole beneficio. Alcuni casi di miopia sono stati guariti molto in fretta grazie a questo metodo.

Tutte le persone che nel leggere hanno problemi di vista traggono beneficio dal raffronto tra il bianco degli spazi tra le righe e il ricordo di oggetti più bianchi. Molte persone, con gli occhi chiusi, riescono a ricordare il bianco della neve più bianco degli spazi fra le righe. Grazie al ricordo, richiamato ad occhi chiusi, per un minuto o più a lungo, del bianco della neve, dell'amido, della vernice, di una nuvola in cielo, splendente sotto i raggi del sole, alternato poi ad occhiate rapide agli spazi bianchi, senza cercare di leggere, molte persone hanno concretamente migliorato la loro vista e sono guarite.

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GLI SCOLARI

del dottor W.H. Bates

La vista difettosa è riscontrabile negli occhi della maggior parte degli scolari degli Stati Uniti, del Canada, della Francia e di altre nazioni. In Germania, sono stati compiuti molti tentativi per ridurre questo male fra gli scolari ed è risaputo che, in questa nazione, i dati statistici relativi ai difetti visivi fra gli scolari hanno dimostrato che i numerosi metodi, consigliati per la prevenzione o la cura della vista imperfetta, sono risultati fallimentari. Si calcola che, nella città di New York, un decimo o anche più dei bambini porti gli occhiali. Tutte le varie sperimentazioni, dirette a favorire gli occhi degli scolari, per non ridurli a dipendere dagli occhiali, sono state revocate dall'Assessorato all'Istruzione e dall'Assessorato alla Sanità. Molti presidi delle principali scuole hanno promosso, con tutte le loro migliori energie, qualunque attività praticabile per la cura e per la prevenzione della vista imperfetta negli scolari. E' difficile comprendere perché tali iniziative debbano essere tanto osteggiate.

Nel 1912, in alcune fra le principali scuole, tutti gli insegnanti furono incoraggiati a consigliare e a porre in essere qualsiasi metodo che assicurasse prevenzione o guarigione. Uno degli oppositori della prevenzione della vista imperfetta negli scolari dichiarò che, partendo da una proposizione negativa, fosse impossibile qualunque cura e perciò non potesse essere nemmeno realizzata la relativa prevenzione. Una proposizione positiva è quella in cui si può pervenire alla guarigione per mezzo di una terapia. Quando i metodi adottati non curano la vista imperfetta senza occhiali, non ci si può aspettare che questi stessi metodi la prevengano. Una proposizione positiva consente di individuare metodi che curano, una proposizione negativa non implica alcun trattamento efficace e non previene la vista imperfetta. Gli accorgimenti che curano al tempo stesso prevengono; dai metodi non curativi non ci si può aspettare prevenzione.

In alcune città, parecchi si convinsero che la causa della vista imperfetta negli scolari fosse l'impiego, nei testi scolastici, di caratteri di stampa piccoli. Quando le scuole vennero autorizzate all'adozione di testi per bambini stampati in grosse dimensioni, lo sforzo oculare, i mal di testa e gli altri fastidi si intensificarono, rispetto ai tempi in cui si adoperava una stampa più piccola; sperimentazioni successive, con libri nei quali si impiegava stampa grande, mancarono sempre l'obiettivo della prevenzione del disagio. In seguito all'utilizzo di libri di testo a stampa grossa, il numero di bambini con gli occhiali era rimasto lo stesso di quando i libri erano stampati a caratteri piccoli. Da ultimi, perfino le autorità scolastiche e l'Assessorato alla Salute si convinsero che la stampa grande fosse nociva per gli occhi dei bambini più di quanto lo fosse quella piccola, che era stata sempre usata in precedenza. Evidentemente la causa della vista imperfetta negli scolari non era in alcun modo connessa con le dimensioni della stampa utilizzata nei libri di testo.

Si è anche generalmente ritenuto che la causa della vista imperfetta negli scolari fosse la scarsa illuminazione delle aule. In alcuni casi sembrava esserci troppa luce, in altri sembrava non essercene abbastanza. Ho valutato la connessione tra l'intensità dell'illuminazione e l'insorgenza della vista imperfetta. Dopo molti anni di osservazione, mi sono convinto che la quantità di luce non ha nessuna relazione con il manifestarsi della miopia, dell'ipermetropia, dell'astigmatismo o degli altri problemi visivi negli scolari. Molti bambini, con gradi elevati di miopia e altre cause di vista imperfetta, sono stati guariti definitivamente esercitandosi nella lettura di stampa microscopica, a luminosità variabili. E' sbagliato sostenere che la luce abbia un legame con la produzione di vista imperfetta. Grazie all'educazione oculare, i bambini con miopia progressiva sono migliorati o guariti, utilizzando luminosità sia scarse che intense.

In Germania, in altre regioni d'Europa e anche nel nostro Paese, il problema della causa della vista imperfetta negli scolari è stato oggetto di grandissima attenzione. Ad esempio, nell'anno 1882, il Ministro della pubblica istruzione francese istituì una commissione per indagare, in modo molto approfondito, sulla luminosità delle aule scolastiche. La commissione si soffermò in maniera particolare sulla questione della luce più importante, vale a dire quella che si riflette sugli scolari direttamente dal cielo, per cui ogni scolaro avrebbe dovuto occupare una posizione da cui si vedesse un pezzetto di cielo corrispondente ad una superficie della finestra di almeno 30 centimetri (circa 12 pollici), misurati in lunghezza a partire dall'estremità superiore del vetro della finestra più alta.

Esiste una vasta bibliografia che illustra la necessità della adeguata quantità di luce, misurata con strumenti scientifici per la rilevazione della luminosità, ognuno dei quali differisce dagli altri per qualche caratteristica specifica. Questi studi e gli effetti, nocivi o benefici, della luce attualmente andrebbero riconsiderati, avendo scoperto io stesso che la luce non ha nessuna relazione con la causa della vista imperfetta e che le misurazioni adottate per modificare, ridurre oppure incrementare la luminosità sono, di solito, una perdita di tempo e di energia.

In alcune scuole, è stato condotto uno studio sui banchi adoperati dai bambini per i loro compiti. Anche qui molto tempo è stato sprecato inutilmente per divulgare le direttive rivolte all'adeguamento dell'altezza dei banchi.

Il dott. Cohn ha svolto un lavoro enorme per individuare cause, prevenzione e cura della vista imperfetta negli scolari. Egli ha raccomandato quella che è stata ritenuta la migliore tipologia di illuminazione nelle scuole, dedicando molta attenzione anche ai banchi e alle sedie, affinché venissero disposti in maniera da assicurare ai bambini il massimo comfort. Quando consigliò un aggeggio che impediva agli scolari di chinarsi in avanti mentre studiavano o scrivevano, era convinto di aver compiuto una scoperta valida ai fini della prevenzione della vista imperfetta.

Questo congegno, fino ad un certo punto, ottenne dei risultati, in quanto impediva ai bambini di piegarsi verso il banco; egli non sostenne, però, che il suo metodo fosse un rimedio per tutti i casi. Qualche tempo dopo l'adozione di questo sistema per la prevenzione della vista imperfetta negli scolari, venne controllata la vista dei bambini. Con sorpresa dei loro genitori, la vista non ne aveva tratto beneficio. Un amico richiese al dott. Cohn i rilievi statistici riguardanti i bambini favoriti dal suo metodo, egli rispose che non ce n'erano stati e che la sperimentazione era risultata fallimentare. Allora gli venne chiesto perché mai, pur sapendo che i bambini non traevano alcun beneficio, continuasse ad adoperare il metodo. La risposta di Cohn fu che non sapeva cos'altro fare. Alcuni illustri oftalmologi furono contrariati dalla sua ammissione che il sistema mancasse di qualsiasi utilità pratica.

Ho dimostrato che ogni tentativo, o sforzo di migliorare la vista inevitabilmente la indebolisce. Sforzarsi di vedere in lontananza produce sempre miopia. Quando ci si sforza continuativamente di vedere al punto prossimo, l'occhio diventa ipermetrope. Si può dimostrare che la vista normale dell'occhio normale diventa imperfetta in conseguenza di uno sforzo di vedere. Quando gli occhi sono rilassati, la visione raggiunge sempre la normalità. Uno dei metodi migliori da applicare con i bambini, per consentire il rilassamento, è quello di oscillare il corpo da parte a parte. Questa tecnica previene lo sforzo, perché, mantenendo gli occhi in movimento, si evita la fissità, infatti, quando si fissa lo sguardo, è necessario compiere uno sforzo per riuscire ad impedire il movimento degli occhi.

Spostare lo sguardo da un punto all'altro costituisce un riposo per l'occhio. Quando lo spostamento è realizzato facilmente, senza sforzo, gli occhi sono riposati, la vista migliora e si previene la fissità. Originariamente il dondolio veniva impiegato per riposare gli occhi e non si riteneva che il movimento, lento e continuo, di essi avrebbe determinato ulteriori benefici. Tuttavia, è stato dimostrato che tutti i bambini che eseguivano questa tecnica, oltre a rilassare i propri occhi, raggiungevano il rilassamento anche in tutte le altre parti del corpo.

E' un dato di fatto - una verità - che il riposo migliora la vista e allevia o guarisce molte patologie degli occhi. Quei bambini che non eseguono l'oscillazione correttamente non ottengono benefici. L'errore compiuto più comunemente nel praticare il dondolio è quello di volgere la testa verso un lato e gli occhi verso quello opposto. In molti casi lo sforzo è così tremendo da essere seguito da molto dolore, disagio e da peggioramento della vista.

Ho scoperto che, mentre dormono, moltissimi bambini sono in tensione, ho potuto verificarlo utilizzando l'oftalmoscopio, senza alcun bisogno di svegliarli. I bambini che, nel sonno, non si rilassano, quando sono svegli, spesso sono molto nervosi e accusano mal di testa, dolore oculare e in altre parti del corpo. La sera, appena prima di andare a dormire, eseguire il dondolio appropriatamente, per cinquanta o cento volte, è di gran giovamento. Alcuni bambini, prima di dormire, eseguiranno invece il palming. Questa pratica induce un rilassamento che può perdurare nel corso della notte e arrecare sollievo. Questo metodo di prevenzione può essere eseguito sia da bimbi piccoli di quattro anni, sia da bambini più grandi.

L'autore desidera raccomandare un metodo che è stato impiegato con successo per la cura o la prevenzione della vista imperfetta negli scolari. Una tabella di Snellen viene collocata in permanenza sulla parete dell'aula, in posizione tale da poter essere letta in qualsiasi momento dai bambini. Ogni giorno, gli occhi di tutti bambini vengono esaminati contemporaneamente e poi un occhio alla volta. Tutti gli insegnanti che hanno adottato il metodo hanno riferito che ogni bambino che lo applicava regolarmente otteneva un maggior o minor beneficio. Non solo la vista risultava potenziata, ma venivano anche alleviati mal di testa, dolori e altri sintomi a carattere nervoso. Uno dei principali benefici del metodo è che agisce sul ritardo nell'apprendimento. L'atteggiamento mentale dei bambini rimasti indietro negli studi migliorava al punto da consentire loro di portarsi a pari livello degli altri.

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SCOLARI

di Emily A. Bates

Il numero di scolari trattati efficacemente durante lo scorso anno dal dott. Bates, da Miss Hayes, la nostra assistente, e anche da me supera di gran lunga quello dell'anno precedente. Dai nostri resoconti emerge che il metodo Bates è sempre più conosciuto in tutte le parti del mondo.

I bambini dalla vista imperfetta, che giungono da noi per la cura e che non hanno mai indossato occhiali, guariscono con estrema facilità. Alcuni hanno bisogno di un'unica seduta, mentre altri, prima che la vista sia riportata alla normalità, necessitano di una o due settimane di trattamento quotidiano. Alcuni casi di miopia o di ipermetropia elevata richiedono una supervisione diretta per un periodo anche maggiore, in special modo quando si sono già portati gli occhiali. Durante lo scorso anno, ho avuto in cura un numero piuttosto consistente di bambini e, finora, per nessuno di essi, il metodo è risultato inefficace. Come risulta dai miei dati e dai resoconti epistolari, ognuno di loro ha ottenuto un beneficio permanente.

Donald e June sono fratello e sorella. Una paziente, precedentemente in cura dal dott. Bates, incontrò la loro mamma e le disse quanto il dottore avesse fatto per lei e per i suoi figli. In seguito, anche costei venne da noi. Il 14 giugno del 1929, giunse con i suoi bambini e tutti loro furono visitati dal dott. Bates. Donald ha undici anni ed è un tipetto risoluto. Ha un astigmatismo misto a miopia. Due anni fa ha messo gli occhiali per la prima volta e, da quel momento, sua madre ha osservato che ha preso l'abitudine di reclinare il capo verso ogni cosa egli voglia guardare a distanza ravvicinata. Mentre abbassa la testa, i suoi occhi guardano in alto. Questo vizio produceva uno sforzo continuo. La madre aveva anche notato che, di sera, quando si levava gli occhiali, Donald non assumeva questo atteggiamento. Si era accorta inoltre che, senza occhiali, egli era meno nervoso di quando invece li portava. Durante i due anni in cui aveva indossato gli occhiali, periodicamente era stato visitato da oculisti diversi, per verificare se stesse portando occhiali sbagliati, nell'ipotesi che questo fosse appunto il motivo che lo inducesse ad assumere una posizione così innaturale con la testa. I medici che lo avevano visitato dissero alla madre che, col tempo, egli avrebbe perso quest'abitudine e che i suoi occhiali erano quelli giusti per lui.

La vista di entrambi gli occhi era identica, 15/30 minus , il che significava che Donald riusciva a leggere solo alcune delle lettere della riga della tabella contrassegnata dal 30. Egli compiva uno sforzo perfino per vedere la lettera più grande, che è vista dall'occhio normale alla distanza di 200 piedi (mt 61). Al termine del controllo della sua vista con la tabella e della visita del dott. Bates, procedemmo nel modo consueto, mettendo alla prova i suoi occhi con le varie tabelle di controllo, poste a dieci piedi (mt 3) di distanza. Era impaziente di vedere cosa si potesse fare davvero per lui, in modo da consentirgli di liberarsi dei suoi orribili occhiali. Gli chiesi se gli piacessero il football, il nuoto, l'equitazione e il baseball. Disse che non c'era bisogno di proseguire nella ricerca degli sport da lui preferiti. Gli piacevano tutti, ma gli occhiali gli impedivano di prendere parte a questi svaghi piacevoli, per timore di un infortunio che avrebbe potuto menomargli la vista. Quando un ragazzo si esprime in questo modo, non ci vuole molto tempo perché egli risponda al trattamento e metta in pratica le indicazioni necessarie a riportare la sua vista alla normalità.

Spiegai a Donald quanto le immagini mentali possano essere d'aiuto nel momento in cui gli occhi sono chiusi e che se, mentre riposava gli occhi, riusciva a ricordare qualcosa perfettamente, ad esempio una lettera della tabella di controllo, un arcobaleno con i suoi variopinti colori, uno splendido tramonto, la sua cravatta a righe colorate, tutto ciò che potesse ricordare ad occhi chiusi, o qualsiasi oggetto piacevole a vedersi, poi, alla riapertura degli occhi, sarebbe stato senza dubbio capace di leggere meglio la tabella di controllo.

Egli si attenne scrupolosamente ai miei suggerimenti, guardando una lettera della tabella di controllo, chiudendo poi gli occhi e tracciandone il profilo con il dito, mentre gli occhi erano ancora chiusi. Gli chiesi se riusciva a ricordare il colore della lettera. La lettera era nera su fondo bianco. Disse che riusciva a ricordare la lettera di un nero perfetto, se prima ne immaginava lo sfondo bianco come la neve o come una candida nuvola. Disse di riuscire a percepire il movimento dei suoi occhi, nel momento in cui delineava la lettera con il dito. Donald adorava lo spasso - così lo definiva - di contornare le lettere mentre aveva gli occhi chiusi e poi, ogni tanto, li riapriva per guardare la tabella e leggere qualche altra lettera.

Sua sorella, che era seduta nella sala esterna, ma riusciva a sentire tutto ciò che veniva detto, era un po’ dubbiosa circa quello che si potesse fare anche per i suoi occhi. La madre era invece all'interno dello studio, osservando tutto quello che accadeva e prendendo nota, in modo da capire come poter seguire, a casa, il trattamento di Donald. Con pazienza, Donald eseguiva le istruzioni con me, riposando gli occhi con chiusure frequenti, ogni volta che glielo dicevo, e tracciando i bordi dell'ultima lettera vista sulla tabella di controllo, ogni volta che si riposava. Poiché, nella stanza in cui eravamo, non batteva il sole, adoperammo una lampada termica, che egli sembrò apprezzare molto.

La luce e il calore aiutarono il miglioramento della sua vista e lo facilitarono nel guardare la tabella senza abbassare il capo.

Appena sua madre constatò il deciso miglioramento della sua vista, non riuscì a reprimere il suo entusiasmo e la sua riconoscenza. Ogni tanto ricordava al suo ragazzo: "Pensa, Donald, non avrai più bisogno degli occhiali".

Poco alla volta, allontanai sempre più la tabella e, dopo un'ora, egli lesse 10/15 con ciascun occhio.

Lo feci sedere comodamente su una sedia, dicendogli di non aprire gli occhi, ma di sottoporsi al trattamento con la lampada, fin quando non avesse avvertito fastidio e di spegnere allora la luce, continuando a tenere gli occhi chiusi, mentre sottoponevo al trattamento la sua sorellina, June.

June ha nove anni e ha portato gli occhiali per un anno o più. Senza gli occhiali ha difficoltà nel mantenere gli occhi normalmente aperti e, per vedere, li chiude quasi completamente. Preferiva però ricorrere a questi espedienti, piuttosto che portare gli occhiali. Anche lei è miope, quasi quanto il fratello. Quando la misi davanti alla tabella di controllo, alla distanza di dieci piedi (mt 3), si sforzò di vedere le lettere, senza nemmeno battere le palpebre quando gli indicai le lettere più grandi della tabella. Strizzando tutti e due gli occhi, riusciva a leggere le prime tre righe, ma le lettere le apparivano sfocate. Chiudendo spesso gli occhi, seguendo l'identico procedimento cui avevo sottoposto il fratello, cioè immaginando lo sfondo bianco della tabella più bianco di quanto fosse in realtà, immaginando le lettere nere ancora più nere e delineando le lettere con il suo indice mentre le nominava, la vista di ciascun occhio migliorò a 10/30. Ci volle circa un'ora affinché la sua vista arrivasse ai 10/10, ma, leggendo poco alla volta una riga dopo l'altra, alternando la chiusura degli occhi per farli riposare e sottoponendosi frequentemente a brevi intervalli di trattamento con la lampada termica, divenne capace di leggere con gli occhi aperti in modo normale. Le dissi di restare un po’ seduta con gli occhi chiusi e di ricordare oggetti familiari, come già avevo consigliato di fare a Donald.

Quindi tornai a portare altro aiuto a Donald. Collocai la tabella di controllo a distanza di tredici piedi (mt 4) e, sottoponendolo a brevi intervalli di trattamento con la lampada, tenuta lontana da lui circa dieci piedi (mt 3), in modo che le radiazioni non fossero troppo forti per i suoi occhi o il calore troppo intenso, egli fu in grado di leggere le lettere più piccole della tabella di controllo, senza alcuno sforzo o disagio. A conclusione del suo trattamento, fu aggiunto il dondolio lungo, in modo che egli oscillasse e guardasse prima ad una parete vuota, dove non c'era nulla da vedere, e poi alla tabella di controllo, leggendovi una sola lettera e oscillando di nuovo verso la parete vuota.

Poi fu la volta di June di eseguire il trattamento del fratello, ripetendo l'identica procedura per la lettura della tabella di controllo alla distanza di 13 piedi (mt 4). Una distanza che è superiore a quella considerata normale.

Entrambi i bambini manifestarono la loro riconoscenza per l'aiuto ricevuto e insistettero affinché il dott. Bates lasciasse per un momento il suo lavoro e riscuotesse la sua parte di elogi. Volevano stringere la mano al grande personaggio che riusciva a fare tanto bene per gli scolari.

Quella mattina avvertivo molta stanchezza e non sentivo l’energia sufficiente per svolgere il lavoro che mi aspettava. Dopo che Donald e sua sorella June ebbero trascorso più di due ore con me, fui sollevata da tutta la stanchezza e da ogni disagio, fino al termine della giornata. Avevo un buon motivo per essere contenta e per sentire che qualcosa di positivo si era verificato: avevo aiutato due bambini a recuperare, in un unico trattamento, una vista normale. Quando i bambini si furono allontanati, la mamma promise di scriverci per ricevere altro aiuto, qualora ce ne fosse stato bisogno. Non si sarebbe messa in comunicazione con noi senza effettiva necessità, cioè se i bambini avessero conservato la loro vista normale. Ad oggi, non l'abbiamo più sentita.

Paul era un altro ragazzetto che giunse per il trattamento all'incirca nello stesso periodo. Prima di far venire il figlio, suo padre telefonò dicendo che le autorità scolastiche avevano insistito con molta enfasi affinché Paul portasse gli occhiali, ma il padre, prima di essere certo che non si potesse davvero fare altro, non aveva voluto piegarsi a questa cosa. Paul non aveva mai portato gli occhiali e quando gli erano stati prescritti - se nemmeno il dott. Bates avesse potuto far nulla per lui - aveva versato lacrime amare ed era stato a volte indisciplinato, fino ad essere talora richiamato con punizioni.

Paul arrivò con una comunicazione scritta della mamma, in cui si leggeva che, all'età di cinque anni, aveva contratto il morbillo e, da allora, c'erano periodi in cui si manifestavano degli orzaioli che producevano un'infiammazione quasi costante delle palpebre. Poiché Paul aveva avuto come compagno di giochi un bimbo a cui era stata diagnosticata una patologia oculare irreversibile, sua madre temeva che anch'egli avesse contratto la stessa malattia incurabile.

La maggior parte del tempo avvertiva del prurito alle palpebre e, su consiglio dell'oculista, vi applicava una soluzione di acido borico e anche un preparato denominato "mecca". Paul riceveva un po’ di sollievo dall'applicazione di queste sostanze, ma gli orzaioli continuavano a formarsi ugualmente ed egli, a scuola, notava che le lettere sulla lavagna diventavano, a momenti, meno chiare.

Nel 1928, aveva avuto la scarlattina e, già tre mesi prima che venisse da me, aveva avuto inizio una congiuntivite.

La vista di Paul era di 10/10 con ciascun occhio, ma, quando leggeva le lettere più piccole della tabella di controllo, si sforzava di vedere. Attraverso i vetri, il sole brillava nella stanza in cui lo stavo sottoponendo a terapia. Lo sistemai al sole con gli occhi chiusi e adoperai con sveltezza la lente solare sull’estremità delle sue palpebre, come pure sulla palpebre stesse. Era all'incirca mezzogiorno e il sole era piuttosto caldo, per questo fui costretta ad usare la lente molto velocemente, al fine di evitargli qualsiasi disagio o bruciatura sulle palpebre. Il fratello maggiore, che lo aveva accompagnato, sottolineò quanto, dopo l’esposizione solare, l'aspetto delle palpebre fosse migliorato. Tutto ciò fu ottenuto in meno di un'ora di tempo.

Dopo il trattamento con il sole, posizionai la tabella di controllo alla distanza di dieci piedi (mt 3). Lesse le lettere più piccine senza nessuno sforzo o tensione. Lo feci sedere di nuovo alla luce solare ed insegnai al fratello come poter continuare il trattamento con la lente solare, mentre io mi occupavo di altro. Fu necessario tenere Paul impegnato mentre si rilassava, poiché era irrequieto e, come tutti i ragazzi di buona salute, non amava starsene tranquillo. Mi raccontò una storiella divertente e poi ne narrai una a mia volta e così facemmo trascorrere il tempo. Alla fine, dopo un'altra mezz'ora di trattamento solare, Paul lesse, senza alcun problema, tutte le tabelle di controllo con lettere diverse, a distanza di quindici piedi (mt 4,5) dagli occhi.

L'irritazione delle palpebre era scomparsa e anche il prurito era passato, ma a Paul venne detto che poteva trattarsi di un sollievo solo transitorio e che avrebbe dovuto sottoporsi ad un bel po’ di trattamento solare prima di liberarsi definitivamente dal suo problema. Promise di praticare quanta più terapia solare fosse stato possibile, mettendosi in pieno sole e sollevando il capo, in modo che il sole splendesse sulle palpebre chiuse. Gli venne data una tabella di controllo per allenarsi quotidianamente e per mostrare alla madre a quale distanza riuscisse a leggere, battendo le palpebre e oscillando il proprio corpo da parte a parte, per evitare di fissare lo sguardo.

Paul e il fratello promisero di far sapere al dott. Bates se il primo avesse avuto bisogno di ulteriore aiuto o si fossero manifestati altri fastidi ai suoi occhi. Due settimane più tardi, il fratello maggiore tornò per riferire che sembrava che Paul fosse guarito in virtù di quel solo trattamento, in quanto non vi erano state nuove lamentele da parte della scuola circa la necessità che egli indossasse gli occhiali, né l'irritazione delle palpebre era più ricomparsa. Sono convinta che, ogni volta che le condizioni del tempo lo consentissero, Paul si ricavasse tempo a sufficienza per il trattamento solare, poiché mi aveva promesso solennemente che lo avrebbe fatto, senza disturbare i suoi familiari.

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RELAZIONI DI CASI - SCOLARI

di Katherine Hayes

Da quando mi è stato concesso il privilegio di assistere Mrs. Bates nel lavoro alla clinica, sono venuta a conoscenza di numerosi casi interessanti, particolarmente fra i bambini in età scolare. Ho scoperto che, come regola generale, i bambini rispondono più rapidamente al trattamento rispetto agli adulti e credo che la ragione sia da ricercarsi nella loro naturale avversione ad indossare gli occhiali e nella loro buona disposizione a migliorare la vista facendo a meno di essi. Penso che questa ipotesi sia fondata, specialmente nel caso di ragazzi di età compresa tra i dieci e i quattordici anni, animati da una precisa intenzione di liberarsi degli occhiali.

Circa sei mesi fa, una ragazzina giunse alla clinica per sottoporsi alla terapia. Appena fece il suo ingresso nello studio con la mamma, notai che era particolarmente graziosa, ma anche che continuava a guardare in basso e non sollevava mai lo sguardo. Mentre attendeva il suo turno, il suo comportamento da adulta risultò molto divertente, non solo per me, ma anche per gli altri pazienti presenti nella sala. Ogni momento estraeva uno specchietto dalla borsa, si scrutava con occhio critico e quindi riponeva lo specchio al suo posto, del tutto inconsapevole dell'attenzione che stava attirando e dell'imbarazzo di sua madre.

Quando fu il suo turno, la madre mi raccontò la vicenda di questa ragazzina. Aveva undici anni e, negli ultimi cinque, a causa dello strabismo, aveva portato saltuariamente gli occhiali. A sei anni, un attacco di pertosse aveva fatto rivolgere all'interno il suo occhio sinistro. Anche la vista di quest’occhio si era indebolita. Era stata visitata da diversi oculisti, la maggior parte dei quali aveva consigliato l'intervento chirurgico, ma la madre non era propensa a sottoporvi la bimba. Quando il racconto fu concluso, la ragazzina si avvicinò e, senza sollevare gli occhi, mi disse in tono confidenziale: "Lo sa, le persone dicono che, se non fosse per il mio occhio strabico, sarei proprio carina. Odio gli occhiali perché mi imbruttiscono e li metto solo una volta ogni tanto. Un giorno voglio diventare un'attrice teatrale oppure cinematografica e so che, se fossi strabica, non mi prenderebbero. Il mio occhio potrà mai tornare di nuovo dritto?". Le dissi che, se avesse fatto ciò che le veniva indicato di fare a casa e se fosse venuta con regolarità alla clinica, pensavo che la cura fosse possibile.

Le controllai la vista e trovai che il visus dell'occhio destro era di 15/10, cioè migliore della norma, mentre all'occhio sinistro era di 15/50. Le mostrai come eseguire il palming ed ella lo praticò per quindici minuti. Poi le dissi di allontanare le mani dagli occhi. Per un attimo, il suo occhio tornò dritto. Le misurai nuovamente la vista e trovai che, facendola oscillare e facendole battere le palpebre mentre leggeva la tabella, la sua vista migliorava fino a 15/30. Le dissi di eseguire il palming tutti i giorni e in tutti i momenti in cui fosse possibile, per cinque minuti alla volta, di eseguire il dondolio lungo 100 volte al mattino e 100 alla sera e di ricordare di battere frequentemente le palpebre.

Quando, due settimane più tardi, fece ritorno, la vista si era mantenuta sui 15/30, dandomi conferma della sua accuratezza nella pratica. Mi accorsi anche che il suo occhio non era così strabico come in precedenza. Venne regolarmente per circa quattro mesi e, l'ultima volta, la vista del suo occhio sinistro aveva raggiunto la normalità e l'occhio stesso era perfettamente dritto. La piccola Elsie era molto felice. Le dissi che, anche se vedeva normalmente e l'occhio era dritto, avrebbe dovuto ricordare di riposare gli occhi ogni tanto, per evitare qualunque sforzo che avrebbe potuto indebolirle la vista e determinare il ritorno dello strabismo. Da quella volta non ho saputo più nulla di lei, ma sono certa che, se non altro per la sua vanità, ella abbia avuto buona cura dei suoi occhi. All'incirca in quel periodo, giunse in terapia un ragazzino di tredici anni. Indossava degli occhiali che aveva portato per tre anni. Il suo rifiuto di essi non era dettato dalla vanità, come nel caso della piccola Elsie, ma dal fatto che, pur amando, da buon ragazzetto, ogni tipo di sport, non poteva praticarne nessuno a causa dei suoi "occhiali ammuffiti", come li aveva soprannominati. "Accidenti!" disse "se non dovessi portare questi 'cosi', sarei felice".

Dopo aver controllato la sua vista, trovai che aveva una miopia piuttosto elevata. Il suo visus, con entrambi gli occhi, era di 15/70. Il palming sembrava renderlo agitato, così gli dissi di chiudere semplicemente gli occhi e di sedersi comodamente su una sedia. Dopo venti minuti, gli fu detto di alzarsi e di guardare dalla finestra, poi di cominciare a oscillare da un lato all'altro, mentre batteva le palpebre. Dopo aver continuato per cinque minuti, misurai un'altra volta la sua vista e la trovai migliorata ai 15/40. Gli dissi di fare a meno degli occhiali e gli diedi le istruzioni da eseguire a casa.

Quando ritornò, la sua vista raggiungeva a stento i 15/50. Disse di aver avuto un brutto raffreddore e di non aver potuto allenarsi. Lo sottoposi al trattamento con la lampada per circa venti minuti, al termine dei quali, la sua vista migliorò ai 15/30 minus. Gli dissi di continuare, anche a casa, a praticare molto l'esposizione al sole, lasciando che i raggi colpissero le sue palpebre chiuse, mentre egli moveva il suo capo lentamente da parte a parte. Alla visita successiva, la sua vista era migliorata ai 15/20 minus. Continuò a progredire stabilmente e, circa un mese fa, quando venne per l'ultima volta, aveva vista normale in entrambi gli occhi. E' superfluo dire quanto fosse felice e, per inciso, nel lasciare il nostro studio disse di essere convinto che, dopo suo padre, il dott. Bates fosse l'uomo più portentoso al mondo.

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Il dottor W.H.Bates
La prevenzione nelle scuole